IL TAR LOMBARDIA ANNULLA IL DECRETO DI RIGETTO DELL'ISTANZA DI CITTADINANZA PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE: NON È SUFFICIENTE IL GENERICO RIFERIMENTO AD UNA SITUAZIONE DI PERICOLO PER LA SICUREZZA DELLA REPUBBLICA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha annullato un decreto ministeriale di rigetto dell'istanza di concessione della cittadinanza italiana basato sugli elementi ostativi di pericolo per la sicurezza della Repubblica e sulla “valutazione di pericolosità e inaffidabilità dello straniero sotto il profilo della sicurezza”.
L’art. 6 della l. 91/92, hanno infatti spiegato i Giudici nella sentenza, esige che il provvedimento di diniego motivato per ragioni di sicurezza nazionale sia assistito da “comprovati motivi”. In sostanza, "è necessario che le motivazioni addotte dall’amministrazione siano assistite da un sostrato probatorio atto a dimostrare che la valutazione di pericolosità sia fondata su elementi di prova effettivi che evidenzino fatti o comportamenti rilevanti su tale piano".
Nella sentenza qui pubblicata, i giudici amministrativi affrontano anzitutto l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dal Ministero in via preliminare: sul punto, rilevata l'applicabilità della legge n. 1034 del 1971 che prevedeva la rilevabilità dell’incompetenza solo ad istanza di parte, e precisato che la competenza del TAR Lazio in ordine all’impugnazione dei provvedimenti di rifiuto della cittadinanza italiana non costituiva un’ipotesi di competenza inderogabile, ma era soggetta all’ordinario criterio di competenza per territorio, il Tribunale ha concluso che "La relativa eccezione poteva proporsi soltanto con regolamento di competenza nel rispetto del termine previsto e non con memoria difensiva. Nella specie, essa è stata invece proposta quando per l’amministrazione era ormai scaduto il termine per la proposizione del regolamento di competenza, secondo le prescrizioni della legge n. 1034/1971 e va pertanto dichiarata inammissibile."
Nel merito, il TAR Lombardia ha ritenuto del tutto insufficiente il generico riferimento ad una situazione di pericolo per la sicurezza della Repubblica contenuto nel provvedimento impugnato e ne ha pertanto disposto l'annullamento per evidente difetto di motivazione. L’art. 6 della l. 91/92, hanno infatti spiegato i Giudici, esige che il provvedimento di diniego motivato per ragioni di sicurezza nazionale sia assistito da “comprovati motivi”. In sostanza "è necessario che le motivazioni addotte dall’amministrazione siano assistite da un sostrato probatorio atto a dimostrare che la valutazione di pericolosità sia fondata su elementi di prova effettivi che evidenzino fatti o comportamenti rilevanti su tale piano".
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