LA CORTE DI CASSAZIONE ACCOGLIE, SOTTO MOLTEPLICI PROFILI, IL RICORSO PROMOSSO IN MATERIA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE DA UN CITTADINO ORIGINARIO DEL PAKISTAN
E' stato accolto dalla Corte di Cassazione il ricorso promosso, col patrocinio dello scrivente studio legale, da un cittadino pakistano, avente ad oggetto il suo diritto ad una forma di protezione internazionale o alla c.d. protezione umanitaria in Italia.
In particolare, per quanto concerne la valutazione di credibilità del richiedente protezione operata dai giudici di merito, la Suprema Corte ha rilevato come “nel caso in esame la Corte territoriale si è limitata a negare credibilità al racconto dell’istante senza fare adeguato riferimento alla procedimentalizzazione legale prevista dall'art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 251 del 2007, e senza acquisire alcuna idonea fonte informativa; va ricordato che, secondo questa Corte, in materia di protezione internazionale, occorre acquisire fonti informative pertinenti, perchè solo alla luce di queste informazioni è possibile valutare la plausibilità o verosimiglianza del racconto; invero, il giudizio di verosimiglianza o plausibilità, ovvero anche lo stesso giudizio di ragionevolezza, non può essere eseguito comparando il racconto con ciò che è vero e ragionevole per il giudice o per il cittadino europeo medio, o con ciò che normalmente accade in un paese europeo, dovendo farsi piuttosto riferimento alla "plausibilità di fatti pertinenti asseriti nel contesto delle condizioni esistenti nel paese di origine e del contesto del richiedente, compresi il genere, l'età, l'istruzione e la cultura" (cfr. Cass. n. 6738 del 2021);”
I Giudici di legittimità, inoltre, hanno cassato il provvedimento conclusivo del precedente grado di giudizio anche in punto di mancato riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi dell'art. 14 lett.c) D.Lgs. n. 251/2007, e ciò sulla base delle seguenti motivazioni: “...quanto poi alla valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d'origine del richiedente, essa deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l'apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell'adozione della decisione, sicché il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (ex plurimis, Cass. n. 17069 del 2018, n. 3016 del 2019, n. 13897 del 2019); in particolare, ai fini della protezione sussidiaria di cui all'art. 14, lett. c), d.lgs. n. 251 del 2007, il giudice è tenuto anche d'ufficio a verificare - utilizzando fonti attendibili per scrutinare le "COI" (Country of origin information) - se nel Paese di origine sia oggettivamente sussistente una situazione di violenza indiscriminata talmente grave da costituire ostacolo al rimpatrio del richiedente (Cass. n. 19716 del 2018); dovere di fondare la decisione su COI aggiornate e precise che sussiste, peraltro, anche in presenza di una narrazione del richiedente non credibile e contraddittoria, posto che l'ipotesi di danno grave di cui alla lett. c), trovando fondamento in una situazione di violenza indiscriminata e diffusa di grave intensità, non richiede la prova di alcuna personalizzazione del rischio (Cass. n. 10286 del 2020; Cass. n. 8819 del 2020; Cass. n. 5324 del 2021); nella specie, invece, la Corte di Appello ha negato la protezione sussidiaria in discorso, senza specificare da quali fonti tragga il suo convincimento”.
Cassata infine la sentenza resa dalla Corte d'Appello di Milano anche sotto il profilo del diritto alla c.d. protezione umanitaria avendo i giudici di merito “omesso di effettuare il giudizio comparativo così come prescritto in materia di protezione umanitaria dalle Sezioni unite di questa Corte”. I Giudici, in particolare, hanno ritenuto che il provvedimento impugnato, che aveva negato la protezione umanitaria sostanzialmente sulla base della contraddittorietà delle dichiarazioni rese dal richiedente, che non avrebbero consentito di effettuare la comparazione con la “situazione di partenza” nel Paese di provenienza, violasse i principi enucleati in materia dalla stessa Suprema Corte (Cass. n. 4455 del 2018; Cass. n. 11110 del 2019; Cass. n. 12082 del 2019; sent. SS. UU. n. 29459 del 2019; sent. SS. UU. n. 24413 del 2021); tale statuizione, hanno infatti precisato i giudici di legittimità, si pone “in contrasto con quanto ritenuto da questa Corte secondo cui, in tema di protezione internazionale, il difetto d'intrinseca credibilità sulla vicenda individuale e sulle deduzioni ed allegazioni relative al rifugio politico ed alla protezione sussidiaria, non estende i suoi effetti anche sulla domanda riguardante il permesso umanitario, poichè essa è assoggettata ad oneri deduttivi ed allegativi in parte diversi, che richiedono un esame autonomo delle condizioni di vulnerabilità, dovendo il giudice attivare anche su tale domanda, ove non genericamente proposta, il proprio dovere di cooperazione istruttoria (Cass. n. 7985 del 2020); l’inattendibilità, in particolare, non può impedire detto accertamento officioso, relativo all'esistenza ed al grado di deprivazione dei diritti umani nell’area di provenienza del richiedente, in ordine all'ipotesi di protezione umanitaria fondata sulla valutazione comparativa tra il grado d'integrazione raggiunto nel nostro paese ed il risultato della predetta indagine officiosa (Cass. n. 16122 del 2020) nè può precludere la valutazione, da parte del giudice, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di "vulnerabilità", da effettuarsi su base oggettiva (Cass. n. 10922 del 2019).